|
Endometriosi & dintorni
Minnie Luongo, N. 10 ottobre 2013
Primo step: conoscere l’endometriosi
Oggi se ne parla un po’ di più rispetto solo a qualche anno fa. Tuttavia, se chiedete ad una donna che cosa sia esattamente l’endometriosi, di rado sa rispondere con precisione (a meno di soffrirne personalmente). Eppure questa anomalia, che rappresenta una delle prime cause di infertilità femminile, è una patologia molto diffusa: colpisce fino al 15% delle donne in età fertile (a seconda delle varie casistiche internazionali). Causata dalla presenza in sedi “anomale” di endometrio, il tessuto che riveste le pareti dell’utero e che sotto lo stimolo degli ormoni ovarici produce sanguinamento, l’endometriosi è spesso molto dolorosa e talvolta anche invalidante. Capita, però, che la diagnosi venga fatta con estrema difficoltà e in ritardo, e molti interrogativi restano ancora aperti riguardo alle reali cause e alla possibili terapie. Abbiamo voluto approfondire l’argomento rivolgendo alcune domande alla professoressa Rossella Nappi, Clinica Ostetrica e Ginecologica, IRCSS Policlinico San Matteo, Università degli Studi di Pavia.
Professoressa Nappi, numerose donne scoprono di essere affette da questa patologia solo quando cercano di avere il primo figlio. Com’è possibile riconoscere l’endometriosi?
«In realtà, la diagnosi non è sempre così facile, dal momento che è basata prevalentemente sulla sintomatologia che, tuttavia, tende a peggiorare con il progredire dell’età riproduttiva. Soltanto quando sono presenti delle chiare lesioni ovariche, che possono essere evidenziate ecograficamente, il sospetto diventa realtà. Ma a volte, localizzazioni a carico dei legamenti pelvici non sono così chiaramente identificabili in prima battuta, e ciò rende ragione dei ritardi diagnostici, nonostante gli enormi progressi che ci vengono dalle tecniche di immagine, come la risonanza magnetica nucleare. I dosaggi dei marcatori nel sangue dell’endometriosi (per esempio i livelli del CA125) possono essere di aiuto, ma non sufficientemente specifici».
Sono tante e importanti le conseguenze provocate dalla presenza di tessuto endometriale al di fuori dell’utero: ce lo conferma?
«Senza dubbio, anche perché parliamo di una patologia caratterizzata dalla localizzazione di tessuto endometriale attivo al di fuori della cavità uterina, soprattutto a livello ovarico e pelvico. Il sintomo più caratteristico è rappresentato dal dolore al basso ventre – prima durante e dopo le mestruazioni (dismenorrea) – la cui intensità è variabile e, talora, indipendente dal grado di estensione alla pelvi della malattia. Il dolore può accompagnare anche il rapporto sessuale (dispareunia) ed interessare la vescica e il retto (dolore alla minzione e alla defecazione). Possono essere presenti algie pelviche anche durante l’ovulazione, dolori riferiti alla schiena ed alterazioni del flusso mestruale. Nell’insieme, il dolore cronico influenza in modo significativo la vita della donna, con notevoli risvolti sul versante del tono dell’umore e dell’efficienza psico-fisica».
Quali sono gli esami oggi a nostra disposizione per individuare l’endometriosi? E quali i sintomi che rappresentano un campanello d’allarme?
«Premesso che la diagnosi resta complessa, dobbiamo dire che la certezza si ottiene solo con la laparoscopia. Si tratta della visualizzazione endoscopica degli organi pelvici e dell’esito istologico delle biopsie. Tale esame non è soltanto diagnostico, ma anche terapeutico, dal momento che permette di rimuovere quanto più possibile il tessuto endometriosico (che purtroppo, però, nel tempo può rigenerarsi). Per questo è bene, in presenza di un sospetto di endometriosi, affidarsi a Centri specializzati nella diagnosi e cura di tale patologia: infatti, nelle forme più severe, è opportuno avvalersi di competenze specifiche e multidisciplinari. Per quanto riguarda i sintomi, quelli principali sono: menorragia (eccessivo sanguinamento nel corso del ciclo mestruale), metrorragia (perdita di sangue anomala nel periodo intermestruale), dismenorrea, dolore pelvico cronico. A questi bisogna aggiungere: dolore durante e dopo l’atto sessuale ( 64% ), infertilità ( 30/35% ), aborti spontanei, affaticamento cronico, periodi di stitichezza alternati ad altri di diarrea. Questi ultimi sintomi vengono molto spesso associati ad una diagnosi di “colon irritabile”, in quanto i sintomi sono simili tra loro. Una ragione in più per sottolineare l’Importanza di una diagnosi precoce, così da evitare danni gravi ad organi vitali».
Soluzioni e terapie.
«La terapia medica dell’endometriosi ha lo scopo di impedire quanto più possibile la progressione della malattia e di limitare le recidive postchirurgiche, migliorando il dolore pelvico e salvaguardando la fertilità futura. La conseguenza principale dell’endometriosi può essere, infatti, non soltanto una bassa qualità di vita correlabile alla sintomatologia dolorosa mestruale, sessuale e generale, ma anche e soprattutto l’infertilità che sembra essere presente fin nel 50% delle donne affette.
Fra le tante terapie proposte nel tempo per la cura dell’endometriosi, l’uso della contraccezione ormonale è certamente quella con il miglior profilo costo/beneficio e di più facile utilizzo nella pratica clinica. Riducendo il sanguinamento mestruale e inibendo la funzione ovulatoria, si limita la proliferazione del tessuto endometriale e si migliora la sintomatologia dolorosa. L’importanza della contraccezione ormonale è enorme – anche nell’ottica socio-culturale di ritardo della prima gravidanza da parte della coppia di oggi – al fine di proteggere le potenzialità riproduttive della donna quanto più a lungo possibile.
L’uso dei cosiddetti regimi estesi di contraccezione (cioè dell’uso prolungato delle combinazioni ormonali estroprogestiniche) allo scopo di limitare il numero dei flussi mestruali – per esempio ogni tre mesi, o addirittura una volta l’anno – è di grande attualità. Numerose formulazioni sono allo studio con questa applicazione, in particolare l’associazione di etinilestradiolo a basso dosaggio (20 mcg) con levonorgestrel a bassissimo dosaggio (90 mcg). Nelle donne con endometriosi, infatti, ridurre le mestruazioni e/o addirittura eliminarle per un pò significa cancellare dal calendario un periodico appuntamento con il dolore, migliorando tutti gli aspetti della qualità di vita personale, familiare e lavorativa».
Il nesso tra endometriosi e tumore
Ora che abbiamo chiarito con la professoressa Nappi che cos’è l’endometriosi, vediamo di approfondire l’eventuale legame fra l’endometriosi e il cancro, in particolare il tumore all’ovaio. Sebbene l’endometriosi sia riconosciuta come una patologia benigna, la sua associazione con il tumore dell’ovaio è stata descritta nella letteratura medica sin dal 1925, legata in particolare ad alcuni sottotipi istologici di cancro (quello a cellule chiare e quello endometrioide). E un recente studio, pubblicato sulla rivista “The Lancet Oncology”, basato sui dati di 13 ricerche che hanno coinvolto 23mila donne, ha stimato che le donne che soffrono di endometriosi hanno un rischio più alto di sviluppare alcuni tipi carcinoma ovarico (endometrioide, cellule chiare e sieroso di basso grado).
Tuttavia, gli esperti concordano sul fatto che l’aumento del rischio, dimostrato anche da studi precedenti, è modesto (il tasso varia da 1.32 a 1.9% ). Pertanto, servono ulteriori ricerche per capire quali potrebbero essere i meccanismi correlati all’incremento del rischio. Per ora, quindi, nulla sembra suggerire la necessità di modificare le attuali linee – guida sulla gestione dell’endometriosi, sia in termini di terapia che di follow-up.
Come si manifesta
L’endometriosi è una malattia cronica in cui tessuto simile a quello endometriale, che fisiologicamente riveste la parete interna dell’utero, viene a trovarsi in sedi anomale, principalmente a livello di ovaie, tube, utero. Il tessuto cosiddetto ectopico (ossia, fuori posto) subisce gli stessi influssi ormonali di quello che correttamente riveste la cavità dell’utero: dunque, ciclicamente prolifera, si sfalda e sanguina, “mimando” la mestruazione. Poiché il sangue non ha però una naturale via d’uscita, diventa fortemente irritativo, causando reazioni infiammatorie; mentre le lesioni, proliferando, producono aderenze che irrigidiscono gli organi su cui si formano ostacolandone la funzionalità. Ad oggi non esiste purtroppo una cura definitiva e le terapie prevedono l’impiego di diversi farmaci con lo scopo di alleviare i sintomi (soprattutto, contenere il dolore nelle sue varie manifestazioni e contrastare l’infertilità, che può interessare un terzo delle pazienti), oppure l’intervento chirurgico di asportazione delle lesioni endometriosiche (generalmente eseguito in laparoscopia, relativamente poco invasiva, in anestesia totale).
I numeri dell’endometriosi
In Italia sono circa tre milioni le donne colpite da endometriosi: una delle più comuni patologie ginecologiche, con una percentuale variabile fra il 10 e il 17% delle donne in età fertile. L’incidenza sale però al 4060% fra le donne che presentano dismenorrea (ciclo mestruale particolarmente doloroso), e al 20-30% fra quelle con infertilità.
Dati americani riferiscono che si registra un ritardo diagnostico di circa sette anni. Non basta: mediamente, la donna consulta ben cinque ginecologi prima di ricevere una diagnosi corretta.
Da qui deriva l’importanza che la donna avverta il ginecologo dell’insorgenza di sintomi addomino-pelvici (come, ad esempio, dolori, mestruazioni abbondanti e molto dolorose o rapporti sessuali dolorosi), così da poter diagnosticare in tempi rapidi questa malattia cronica.
Buone nuove dalla Svezia
Il trattamento chirurgico radicale nelle pazienti con endometriosi può ridurre il rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio. Lo sostiene uno studio svedese pubblicato sulla rivista Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica, analizzando i dati relativi a tutte le donne che in Svezia hanno ricevuto una diagnosi di endometriosi fra il 1969 e il 2007. «Precedenti ricerche avevano indicato un rischio maggiore di alcuni tumori, incluso quello delle ovaie, in caso di endometriosi – scrive Anna-Sofia Melin, autrice principale dello studio -. Mentre altri studi avevano ipotizzato che interventi come l’isterectomia o la legatura delle tube potessero avere effetto protettivo contro il cancro ovarico. Gli esiti della nostra ricerca aggiungono un ulteriore tassello: la rimozione chirurgica di un ovaio o l’asportazione radicale di tutto il tessuto endometriale presente proteggono le donne dallo sviluppo di un carcinoma ovarico». Commenta Francesco Raspagliesi, responsabile della Chirurgia Ginecologica all’Istituto Nazionale Tumori di Milano: «Già sappiamo che una piccola parte di casi di tumore all’ovaio ha origine dall’endometriosi pelvica, ma le donne che soffrono di endometriosi non devono allarmarsi, ma rivolgersi al loro ginecologo. Sarà lui a consigliare il trattamento più indicato: farmaci o chirurgia. La cura, peraltro, in molti casi prevede l’assunzione della pillola anticoncezionale, che riduce di circa il 18-20% le probabilità di ammalarsi di neoplasia ovarica».
Fonte: Sportello Cancro Corriere.it, in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi
Indirizzi utili
POLICLINICO SAN MATTEO
Viale Golgi, 19 27100 Pavia
Tel. 0382.5011
www.sanmatteo.org
Dove rivolgersi per chi soffre di endometriosi
ASSOCIAZIONE ITALIANA ENDOMETRIOSI
Tel. 06.2255267
FONDAZIONE ITALIANA ENDOMETRIOSI
Tel. 06.2255267
research@endometriosi.it
CENTRO ITALIANO ENDOMETRIOSI
Tel. 06.36306066 – 06.22789572 – Fax 06.2255261
aie@endometriosi.it
Torna ai risultati della ricerca
|