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Farmaci biosimilari in oncologia: quanto ne sappiamo?

Minnie Luongo, N. 5 maggio 2013

Generici, biosimilari, biotecnologici… Chi ci aiuta a fare un po’ di chiarezza nella definizione di questi farmaci, di cui sentiamo parlare sempre più spesso? Un prezioso soccorso è arrivato da un incontro di tre specialisti, svoltosi a Milano in occasione della presentazione dei risultati di un sondaggio nazionale condotto, fra più di 500 oncologi, dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica.

I dati del sondaggio AIOM
Il 92% degli oncologi italiani utilizza farmaci biotecnologici per i propri pazienti, ma solo il 24% fornisce una definizione corretta dei biosimilari, farmaci simili ma non uguali agli originali biotech. Questo il primo dato reso noto dal professor Stefano Cascinu, presidente AIOM, Associazione italiana oncologia medica. L’arrivo nei prossimi anni dei biosimilari di anticorpi monoclonali (mAb) utilizzati in oncologia può porre interrogativi sulla loro efficacia e sicurezza per i pazienti. Anche per questo motivo, per l’84 per cento dei clinici la decisione sulla sostituibilità tra biologico e biosimilare deve essere di esclusiva competenza dell’oncologo.Sempre molto sentito il tema dei tagli alla spesa sanitaria, che per otto specialisti su dieci pesano sulla capacità di curare al meglio i pazienti. Per la precisione: il 52% degli oncologi ritiene che i biosimilari possano favorire il contenimento dei costi, anche se per il 39 % è più utile cercare i margini di risparmio in altre voci di spesa.

L’importanza dell’indagine
Al sondaggio, conclusosi l’11 marzo scorso, hanno risposto 508 medici, soci Aiom. «Abbiamo voluto verificare il livello di consapevolezza degli oncologi sui biosimilari – spiega il professor Stefano Cascinu -. Promuovere informazione e cultura rappresenta l’azione più importante che una società scientifica come l’AIOM deve intraprendere su un tema così delicato, come sottolineato dall’81 per cento degli intervistati. Pertanto, l’AIOM – subito dopo la presentazione del sondaggio ai giornalisti – ha avviato un vero e proprio tour di sensibilizzazione su questi temi, con nove seminari in altrettante regioni. Vogliamo fare informazione con l’obiettivo di fornire ai clinici gli strumenti adatti per aiutarli nella pratica quotidiana. Infatti, i biosimilari di anticorpi monoclonali sono prodotti molto più complessi rispetto a quelli attualmente disponibili, come le eritropoietine e gli ormoni della crescita». L’attenzione al problema della sicurezza risulta assai alta: infatti, il 65% ritiene che i biosimilari di anticorpi monoclonali siano più complessi di quelli attualmente disponibili, richiedano processi di vigilanza più accurati e appositi registri e studi clinici con endpoint validati. «Anche per questi prodotti – continua Cascinu – deve essere previsto un uso appropriato e attento dello strumento della notifica di eventuali reazioni avverse e gli oncologi, da parte loro, sono pronti a fare la loro parte». La posizione dell’AIOM sui biosimilari già a disposizione è molto chiara ed è stata ribadita in un documento depositato presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato nel novembre 2010. In sintesi, il medico è legalmente responsabile di ciò che prescrive: pertanto può indicare il biosimilare oppure l’originatore. Riassume il professor Cascinu: «I nuovi pazienti possono essere trattati con un biosimilare, mentre per quelli già in cura con l’originatore andrebbe garantita la continuità terapeutica». Resta però il problema della mancanza di una legge che regoli la materia. «Le Associazioni dei pazienti – sottolinea il professor Francesco De Lorenzo, presidente FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) – hanno sondato i malati con questionari da cui è emerso che il loro livello di conoscenza sui biosimilari è ancora basso. L’informazione assume dunque un ruolo chiave, e FAVO è impegnata a rivendicare il diritto alla continuità del trattamento con il farmaco originario. La sostituibilità secondaria può essere accettata solo con il consenso informato del paziente e non per motivazioni di carattere economico. Il principio alla base di ogni scelta deve essere l’appropriatezza terapeutica. I malati pretendono norme chiare dalle Istituzioni, unita a sorveglianza da parte dei clinici, in maniera da avere sempre farmaci efficaci, sicuri e, se possibile, con un costo più contenuto». Per De Lorenzo è fondamentale svolgere un’informazione capillare, affinchè i malati capiscano che cosa sono i farmaci biosimilari. Tanto che, già nel giugno 2010, la FAVO aveva realizzato un sondaggio, al quale erano pervenuti 356 questionari. « Il risultato? Il 48% dei pazienti dimostrava di non avere conoscenze sull’argomento, ma, di contro, lo stesso risultato ci mostra come i malati di tumore si informino… né più né meno, pertanto, dei medici», conclude il presidente FAVO, che insiste sulla necessità che i pazienti sappiano che stanno assumendo un farmaco biosimilare, cosa, del resto, prevista dal consenso informato. «Per noi il bio/genico assimilato al bio/simile è fuorviante.
L’abbiamo anche scritto all’AIFA, ma ancora non abbiamo ricevuto risposta. Sia chiaro: non vogliamo essere tra i decisori, ma avere un feedback sì».

I biosimilari sono una risorsa, ma attenzione ai rischi
Per il 62% degli oncologi le maggiori criticità legate all’uso dei biosimilari derivano dal fatto che possono funzionare in maniera differente rispetto al farmaco originatore. La difficoltà nel riprodurre i biotech cresce in maniera proporzionale alla complessità dell’originator. «Per capire la differenza tra le due generazioni dei biotech – spiega il terzo specialista presente all’incontro milanese, il professor Michele Carruba, direttore del Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia medica all’Università di Milano – basta considerare il diverso peso molecolare. Ad esempio, una eritropoietina di circa 30.000 dalton è molto più semplice per dimensioni, caratteristiche di produzione e meccanismo d’azione rispetto ad un anticorpo monoclonale che pesa oltre 145.000 dalton. Uno dei punti chiave è la non sostituibilità automatica dei biosimilari, che possono essere notevolmente diversi dai biologici originatori. Nel nostro Paese l’intercambiabilità fra due medicinali è ammessa se attuata tra prodotti compresi nelle cosiddette “liste di trasparenza”, predisposte dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), relative ai generici e ai loro originatori, considerati a tutti gli effetti equivalenti terapeutici». Per quanto riguarda i biosimilari attualmente disponibili, nessuna norma sancisce il divieto esplicito di sostituzione, previsto invece in altri Paesi europei. Però l’AIFA non ha inserito alcun biosimilare nelle liste di trasparenza, bloccando, di fatto, la possibilità di sostituzione da parte del farmacista. Quindi questi prodotti non possono ritenersi automaticamente intercambiabili con gli originatori, e la possibilità di utilizzarli al posto dei medicinali di riferimento è da ricondurre alla scelta terapeutica del medico. Qual è la situazione a livello europeo? «L’EMA ha sviluppato un approccio specifico per autorizzare l’immissione in commercio di questi prodotti – risponde Carruba -. È richiesto un dossier di registrazione che, pur basandosi su quello del medicinale di riferimento, deve riportare studi comparativi preclinici e clinici, indicati con l’espressione di “esercizio di comparabilità”, per dimostrare che il farmaco che si intende registrare possiede un profilo sovrapponibile a quello dell’originatore, per quanto riguarda qualità, sicurezza ed efficacia. Il processo di registrazione di un biosimilare è, dunque, decisamente oneroso perché alcune parti del dossier non possono essere omesse e sostituite con uno studio di bioequivalenza a differenza di quanto avviene per un generico».

I Farmaci biosimilari
Il termine “biosimilare” indica un medicinale simile a un farmaco biologico di riferimento già autorizzato nell’Unione Europea e per il quale sia scaduta la copertura brevettuale. Un biosimilare e il suo prodotto originatore, essendo ottenuti mediante processi produttivi inevitabilmente differenti, non sono uguali, ma solo simili in termini di qualità, sicurezza ed efficacia. Come nel caso dei farmaci generici, i biosimilari possono essere distribuiti solo a partire dalla data di scadenza dei brevetti dei farmaci biotecnologici. Questo elemento è l’unico che accomuna il generico con il biosimilare. Esiste, infatti, una differenza fondamentale tra i due medicinali:

  • il generico è la copia di un farmaco di sintesi chimica il cui processo è standardizzato e costantemente riproducibile, grazie alle metodiche analitiche attualmente disponibili;
  • il biosimilare, invece, si ottiene da un processo produttivo biotecnologico che presenta nelle varie fasi un certo grado di variabilità tale per cui non è una copia esatta del prodotto originale, bensì una sua riproduzione, la cui qualità dipende da vari fattori. Per quanto riguarda i biosimilari, non è possibile replicare esattamente il farmaco originale a causa della sua complessità strutturale e del processo produttivo; il biosimilare è un farmaco nuovo, ma non necessariamente innovativo, la cui immissione in commercio è subordinata alla dimostrazione di pari efficacia e sicurezza nel corso di test clinici comparativi rispetto al farmaco originale.

I farmaci biotecnologici
I farmaci biologici si ottengono a partire da una sostanza prodotta o estratta da una sorgente biologica, e si caratterizzano per la complessa struttura proteica tridimensionale. Il principio attivo è il risultato di procedimenti cosiddetti biotecnologici, che comprendono procedure estremamente complesse come: tecnologie da DNA ricombinante, l’espressione controllata di geni codificanti proteine biologicamente attive nei procarioti e negli eucarioti, i metodi a base di ibridomi e di anticorpi monoclonali. Appartengono alla categoria dei farmaci biologici prodotti quali ormoni ed enzimi, emoderivati e medicinali immunologici come sieri e vaccini, immunoglobuline e allergeni, anticorpi monoclonali. L’azione mirata del farmaco biotech influenza positivamente il risultato terapeutico, risparmia le cellule sane, con un miglioramento del profilo di tollerabilità del trattamento, a tutto vantaggio del paziente e della sua qualità di vita. Una caratteristica fondamentale dei prodotti biologici è la loro immunogenicità, cioè la capacità di scatenare una reazione immunitaria nell’organismo.

Il quadro regolatorio in Europa…
La European Medicines Agency (EMA) è stato il primo ente regolatorio ad aver istituito un quadro normativo specifico per il percorso di approvazione dei biosimilari. La regolamentazione europea ha successivamente ispirato molti Paesi in tutto il mondo: Australia, Canada, Giappone, Turchia, Singapore, Sud Africa, Taiwan, USA, fino all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Da un punto di vista regolatorio esiste una netta differenza tra farmaci biosimilari e generici. Durante la fase di registrazione di un prodotto biotecnologico – e quindi anche di un biosimilare – è riservata una maggiore attenzione alla caratterizzazione del principio attivo, in quanto molto più complessa rispetto ai farmaci di origine chimica. Per il generico, che per definizione contiene lo stesso principio attivo dell’originatore, si ritiene sufficiente la dimostrazione della bioequivalenza. Il biosimilare, come sottolineato dall’EMA, non è un generico e come tale non può essere registrato presentando un dossier semplificato.

…e negli USA
Le Draft Guidance della Food and Drug Administration (FDA). Negli Stati Uniti, i farmaci biologici simili sono conosciuti col termine “follow-on biologics”. La loro valutazione e registrazione è effettuata dall’agenzia regolatoria Food and Drug Administration (FDA), che ha emesso nel febbraio 2012 le direttive per l’industria farmaceutica, denominate Draft Guidance, per lo sviluppo e l’approvazione all’uso e al commercio dei biosimilari nel Paese. Con questi documenti, dedicati agli aspetti scientifici e al controllo di qualità del nuovo prodotto, la FDA ha aperto pubblicamente la discussione con le aziende farmaceutiche per finalizzare le linee guida, non ancora disponibili in questo Paese, a differenza dell’Europa.

Le linee guida EMA
Inizialmente l’EMA ha pubblicato alcune linee guida per delineare le problematiche regolatorie, per poi entrare nei dettagli con un’ulteriore documentazione che stabilisce gli aspetti di: controllo-qualità dei prodotti, clinici e preclinici. Infine, per ciascuna classe di farmaci in scadenza di brevetto l’EMA ha pubblicato ulteriori linee guida ad hoc (es. epoetine, G-CSF, ormone della crescita, interferone alfa, eparine a basso peso molecolare).
Le linee guida dell’EMA pertanto evidenziano i punti critici relativi a tutti gli aspetti del medicinale. Le diverse linee guida sono consultabili sul sito EMA: www.ema.europa.eu/ema

Le differenze con le molecole tradizionali

  • I farmaci tradizionali (non biotecnologici) sono ottenuti da molecole e reagenti chimici standard, quindi da materiale non vivente, riproducibili grazie alle metodiche analitiche oggi disponibili.
  • I prodotti biotecnologici, invece, sono sintetizzati a partire da organismi viventi, mediante tecniche di ingegneria genetica. > Un’altra caratteristica è il diverso peso molecolare, che ne riflette la complessità strutturale.
  • Diversi gradi di complessità. I principi attivi biologici, a differenza di quelli ottenuti per sintesi chimica, richiedono per la loro caratterizzazione e controllo di qualità non solo una serie di esami fisico-chimico-biologici, ma anche indicazioni sul processo di produzione: la struttura molecolare dipende dal processo. La stessa molecola ottenuta da aziende diverse (o dalla stessa azienda in seguito a modifiche di processo) può presentare modificazioni strutturali significative, e quindi differenti caratteristiche di sicurezza ed efficacia.
  • I biotech non sono tutti uguali. I farmaci biologici non sono un’unica classe, ma presentano differenti gradi di complessità (legata, ad esempio, al peso molecolare, al meccanismo d’azione, al processo di sviluppo e a quello di produzione). Pertanto, anche all’interno dei farmaci biologici, è possibile distinguere fra i primi biotech a basso grado di complessità (come le eritropoietine o i fattori di crescita granulocitari) e molecole caratterizzate da un grado di complessità maggiore (ad esempio gli anticorpi monoclonali).

Principali applicazioni cliniche dei farmaci biotecnologici

Tumori
I recettori per i fattori di crescita e le vie di trasduzione del segnale intracellulare (step critici per la progressione della malattia tumorale) rappresentano i bersagli della maggior parte dei numerosi farmaci antineoplastici biotech oggi disponibili. Gli anticorpi monoclonali diretti contro il Vascular Endothelial Growth Factor (fattore di crescita dell’endotelio vascolare o VEGF), come il bevacizumab, agiscono inibendo l’angiogenesi, processo di formazione di un nuovo network sanguigno che alimenta il tumore. Trastuzumab, anticorpo monoclonale impiegato nella neoplasia mammaria HER-2 positiva, interagisce con il recettore 2 del fattore di crescita epiteliale umano (HER2). Nei tumori epiteliali (l’ 85% di tutte le neoplasie) sono invece oggi impiegate e in fase di studio numerose altre molecole “biologiche”, che bloccano l’attività dei recettori per l’Epidermal Growth Factor (EGFR) di tipo 1 e 2 o dell’enzima ciclo-ossigenasi di tipo 2.

Malattie renali
In nefrologia l’avvento dei farmaci biotecnologici ha portato a una rivoluzione nel trattamento dell’anemia uremica, con l’introduzione delle molecole eritropoietiche, e per la prevenzione e il trattamento del rigetto da trapianto d’organo, tramite l’impiego di anticorpi monoclonali.

Artrite reumatoide
Da alcuni anni sono disponibili farmaci per la cura dell’artrite reumatoide, come tocilizumab, rituximab, infliximab, adalimumab. Questi composti determinano un significativo miglioramento nell’evoluzione della patologia, associato ad un incremento della qualità di vita dei pazienti.

La regolamentazione in italia
La normativa sulla registrazione dei biosimilari è comunitaria: quindi non si riscontrano differenze tra i vari Stati dell’Unione europea. L’EMA, tuttavia, non si è mai espressa sulla tematica “sostituibilità” dei farmaci biologici. La responsabilità della regolamentazione della dispensazione è rimandata, quindi, ad ogni Paese europeo, mentre la decisione ultima di trattare un paziente con un farmaco originatore o col biosimilare è lasciata al medico professionista. In Italia la sostituibilità automatica fra due farmaci è ammessa se attuata tra medicinali ricompresi nelle cosiddette “liste di trasparenza”, predisposte dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), relative ai generici e ai loro originator, considerati a tutti gli effetti equivalenti terapeutici. Nessuna norma sancisce il divieto esplicito di sostituzione (previsto invece in altri Paesi europei, come ad esempio la Francia, che sulla base del principio di precauzione e diversamente da quanto previsto per i farmaci generici, ha emanato una legge che impedisce la sostituzione tra il biosimilare ed il prodotto biotecnologico di riferimento, tranne dove sia presente una specifica indicazione del medico). Tuttavia, AIFA non ha inserito alcun biosimilare nelle liste di trasparenza, bloccando, di fatto, la possibilità di sostituzione automatica da parte del farmacista. Con il Bollettino di Informazione sui Farmaci (BIF) del marzo 2008 e il Concept Paper di agosto 2012, l’AIFA ha ufficializzato la sua posizione in merito alla sostituibilità farmaco biotecnologico originator – biosimilare. Nella sezione dedicata all’approfondimento su questi prodotti viene chiarito che AIFA, in accordo con quanto già stabilito da EMA, esclude la possibilità di una sostituzione automatica. Solo il medico è in grado di valutare, sulla base della singola situazione clinica e delle informazioni sul farmaco, se ricorrere all’uso di un biosimilare. Diversa la situazione per i pazienti di nuova diagnosi ( “drug naive” ), per i quali non c’è motivo di sconsigliare l’adozione.

Indirizzi utili

F.A.V.O., Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia
Sede legale e operativa: Via Barberini, 11 00187 Roma
Tel: 06.42012079 Fax: 06.87462110
Numero Verde: 800.90.37.89
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AIOM
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tel. +39 02.70630279 fax +39 02.2360018
aiom@aiom.it
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Lunedì al Venerdì, dalle ore 8.30 alle ore 16.30, orario continuato.

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