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Lavorare in team per vincere il tumore all’ovaio

Minnie Luongo, N. 4 aprile 2013

Si è appena costituita una sorta di task force per combattere uno dei tumori più subdoli: quello all’ovaio. Perché sia subdolo è presto detto: parliamo di una neoplasia che non presenta sintomi chiari, per cui otto diagnosi su dieci arrivano quando il cancro è ormai in fase avanzata. Mentre, allo stadio iniziale, la probabilità di vincere il cancro raggiunge il 90%.

AIOM, SIGO e SIOG unite nella lotta contro il tumore ovarico
«In Italia siamo all’avanguardia nella gestione di queste pazienti, ma registriamo una scarsa comunicazione fra ginecologo e oncologo e le altre figure chiave coinvolte e non abbiamo percorsi condivisi, al contrario di quanto accade per altri tumori, come quello della mammella – hanno detto in sincrono i presidenti della Società di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), professor Nicola Surico e dell’Associazione di Oncologia Medica (AIOM), professor Stefano Cascinu, presentando a Milano i risultati del lavoro congiunto AIOM-SIGO-SIOG -. Partendo da questa base e sollecitati dai nostri stessi soci, come società scientifiche ci siamo riuniti ed abbiamo elaborato un documento ufficiale con proposte concrete per favorire la creazione di veri e propri team collegiali, un numero minimo di interventi per essere indicati come centri di riferimento e la collaborazione fra le diverse strutture: ora potremo garantire la migliore assistenza alle 4.900 italiane colpite ogni anno dal tumore all’ovaio». È la prima volta che nel nostro Paese le Società scientifiche, oltre a AIOM e SIGO anche la SIOG (Società di oncologia ginecologica), decidono di mettersi insieme per un lavoro di questo genere. «Abbiamo definito, sul modello delle breast unit per il cancro alla mammella, una serie di indicatori per i centri di riferimento sulla neoplasia dell’ovaio – spiega il professor Paolo Scollo, presidente SIOG -: deve essere sempre presente, ad esempio, un’équipe multidisciplinare dedicata, con professionisti che lavorano fianco a fianco in perfetta integrazione. Il problema della comunicazione, infatti, è centrale, come rilevato dai nostri stessi soci in un recente sondaggio: ben il 63% degli oncologi e il 32% dei ginecologi ritengono che il livello di cooperazione non sia sufficiente. Per l’ 86% di loro, una collaborazione continua è determinante per definire percorsi guidati e codificati uniformemente in tutta la Penisola. Non possiamo perdere altro tempo, soprattutto ora che dopo quindici anni disponiamo di nuove terapie, purtroppo ancora in attesa di approvazione nel nostro Paese».
Un documento operativo sulle migliori strategie d’azione. È stato redatto un documento tecnico, che fissa competenze ben precise all’interno dei team di intervento. In pratica, è stata predisposta una serie di indicatori che le Unità Operative di riferimento sul territorio dovranno rispettare, considerando sia il loro carico di lavoro annuale che la multidisciplinarietà. Ad esempio, ogni chirurgo ginecologo-oncologo dovrà trattare almeno dieci casi di carcinoma ovarico all’anno e non potranno passare più di 14 giorni dalla prima visita della paziente all’intervento. Il documento ufficiale è già stato consegnato alle Istituzioni sanitarie del Paese, anche se, come hanno anticipato i tre presidenti delle Società, “già noi lo diffonderemo ai nostri soci perché possa diventare operativo a tutti gli effetti”.

Importanza della comunicazione
Un recente sondaggio (vedi box) ha evidenziato come il problema della comunicazione sia fondamentale: ben il 63% degli oncologi e il 32% dei ginecologi ritengono che il livello di cooperazione non sia sufficiente. Pertanto, per l’ 86% di loro, una collaborazione continua è determinante per definire percorsi guidati e codificati uniformemente in tutta la Penisola. Né e giustificabile perdere altro tempo, soprattutto ora che dopo quindici anni disponiamo di nuove terapie (purtroppo ancora in attesa di approvazione nel nostro Paese). Il documento tecnico fissa competenze ben precise all’interno dei team d’intervento. «Abbiamo predisposto una serie di indicatori che le Unità Operative di riferimento sul territorio dovranno rispettare, considerando sia il loro carico di lavoro annuale che la multidisciplinarietà». Il cancro dell’ovaio rappresenta il 3% del totale delle neoplasie femminili, il decimo più diffuso tra le donne, ma rientra tra le prime 5 cause di morte per tumore nella fascia di età tra i 50 e i 69 anni. A causa proprio della sintomatologia tardiva e senza segni specifici, circa 4 pazienti su 5% alla diagnosi una malattia in fase molto avanzata (III – IV stadio). Queste caratteristiche condizionano negativamente la prognosi della patologia, per sua natura già aggressiva: solo il 41% delle donne colpito da un tumore dell’ovaio nella prima metà degli anni 2000 risulta ancora in vita a 5 anni dalla diagnosi ( 72% a un anno, e 50% a tre anni). «Grazie al nostro lavoro riusciremo nel tempo ad agire in maniera sempre più efficace sul tumore – concludono i presidenti -, sia dal punto di vista clinico-terapeutico, sia dell’assistenza sul territorio». Per una malattia così complessa, infatti, il supporto delle associazioni di pazienti diventa fondamentale. AIOM e SIGO godono già da tempo di ottimi rapporti con molti gruppi e reti di malati. Creare un link con le persone che vivono sulla propria pelle la terribile esperienza di un tumore rappresenta un valore aggiunto e rende il percorso terapeutico sempre più umano e sostenibile. È convinzione dei tre specialisti che questo coordinamento rappresenta il primo passo per ulteriori collaborazioni, che si estenderanno anche ad altre neoplasie della sfera ginecologica, come succede già per le breast unit per il tumore alla mammella.

I vantaggi della collaborazione
Il tavolo di lavoro congiunto ha permesso di ottenere vantaggi su più fronti. Dal punto di vista della presa in carico delle pazienti, si riesce ad agire in maniera sempre più efficace sul tumore. In Italia esistono, infatti, alcune realtà in cui i ginecologi operano a volte in totale autonomia, seguendo la donna per l’intero iter terapeutico, dall’intervento chirurgico ai trattamenti farmacologici. Il lavoro del ginecologo è determinante per la sensibilizzazione della paziente e per un’individuazione tempestiva della malattia, così come nella programmazione dell’intervento chirurgico. Una buona chirurgia primaria, che non lasci residui tumorali, permette alla chemioterapia successiva, condotta dall’oncologo, di mantenere la paziente libera dal cancro per 5 anni in circa il 50% dei casi. Si giunge, quindi, ad una presa in carico precoce da parte di un’équipe multidisciplinare, composta sia dal ginecologo che dall’oncologo, ma non solo. Il tavolo di lavoro AIOM – SIGO – SIOG è servito anche per comporre i gruppi d’intervento. La razionalizzazione delle modalità d’azione porterà, inoltre, al contenimento dei costi sanitari.

La parola al professor Surico
Durante l’incontro di Milano il professor Nicola Surico, presidente della Società italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) ci ha così riassunto priorità, scopi e modi di intervento predisposti: «La SIGO è nata come società scientifica a tutela del benessere della donna a 360°, non soltanto quindi per gli aspetti più strettamente collegati alla vita riproduttiva. Noi seguiamo la paziente nella sua intimità, dal menarca fino alla post-menopausa e sappiamo quindi come una neoplasia del genere possa essere devastante, se non trattata in maniera adeguata. Una patologia come quella del carcinoma ovarico, che colpisce ogni anno circa 5.000 donne e rappresenta la quinta causa di morte tumorale, incide inevitabilmente anche sulla sfera della sessualità femminile. L’intervento del ginecologo è fondamentale per l’individuazione della malattia ai primi stadi. L’obiettivo che deve porsi è quello di una diagnosi, se non precoce, sicuramente il più possibile tempestiva, che possa migliorare la prognosi della patologia. In caso di sintomi riconducibili alla neoplasia, si deve quindi procedere subito con approfondimenti mirati: è consigliabile effettuare una visita ginecologica, un’ecografia e il dosaggio del marcatore tumorale CA 125, per stabilire se ci troviamo in presenza di un cancro dell’ovaio. Se è così, in base allo stadio tumorale, si decide immediatamente per un intervento chirurgico, con l’obiettivo di eliminare la totalità della neoplasia visibile e per un successivo trattamento chemioterapico, con l’obiettivo di migliorare per quanto possibile la prognosi della paziente. Quindi, ginecologo e oncologo devono stabilire un piano terapeutico condiviso: la loro collaborazione è fondamentale sia nella fase di diagnosi della patologia che nella fase di definizione e gestione del percorso della donna. In Italia disponiamo di strutture sanitarie d’avanguardia, riconosciute in tutto il mondo per la qualità dell’assistenza fornita e per l’ottimo livello di ricerca medica e scientifica svolta. È quindi necessario che le Istituzioni competenti continuino a investire in queste realtà, invece che disperdere risorse in piccoli ospedali. Per arrivare a questo punto, la comunicazione è fondamentale. La collaborazione con SIOG e AIOM sul cancro ovarico rappresenta un ottimo punto di partenza per realizzare in futuro attività simili, che interessino altre patologie tumorali della sfera ginecologica. La strada per migliorare la lotta a questa malattia passa inevitabilmente da un più stretto dialogo fra gli specialisti. Proprio da qui siamo partiti per definire un percorso congiunto che ha visto la costituzione di un tavolo di lavoro per implementare nella pratica clinica, nella quotidianità del reparto, una reale gestione multidisciplinare, a partire dalle linee guida. Per raggiungere tali obiettivi è indispensabile lavorare in sinergia con le Istituzioni, le associazioni dei pazienti ed i media: solo con una diagnosi più tempestiva e con un’individuazione precoce delle donne a rischio potremo infatti sconfiggere questa malattia».

Le terapie
Sono quattro, coordinabili tra loro a seconda dei casi:

  • Chirurgia. Rappresenta il trattamento di prima scelta per il cancro ovarico, fondamentale sia nei casi iniziali, sia nella malattia ormai avanzata. Se il tumore viene scoperto in fase davvero precoce l’intervento chirurgico può essere risolutivo ( 95% dei casi).
  • Chemioterapia. È l’indispensabile completamento terapeutico dopo l’intervento. In alcuni casi avanzati, il chirurgo può ritenere che il tumore non sia asportabile completamente e decidere di rinviare o sospendere l’intervento. Procederà così alla somministrazione di alcuni cicli (di solito 3) di chemioterapia, per poi proseguire, dopo valutazione favorevole, con un nuovo intervento chirurgico.
  • Radioterapia. È indicata solo in casi altamente selezionati di recidiva.
  • Terapia target (target therapy ). La ricerca sta proseguendo verso un nuovo modo di affrontare il tumore, con l’identificazione di molecole “selettive” nei confronti delle cellule malate: farmaci che individuano come bersaglio esclusivamente il cancro, risparmiando per quanto possibile i tessuti sani. Nella target therapy rientrano i cosiddetti antiangiogenetici, che impediscono alla neoplasia di sviluppare i vasi sanguigni, con i quali si riesce ad “affamare” il cancro, che smette così di crescere. Appartiene a questa categoria il bevacizumab, un anticorpo monoclonale utilizzato con successo in molti schemi di trattamento che blocca in modo specifico la proteina VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare, elemento chiave nell’angiogenesi tumorale). La molecola ha già ottenuto l’autorizzazione a livello europeo per il trattamento della neoplasia ovarica avanzata, anche se non è ancora disponibile in Italia.

SIOG
La Società Italiana di Oncologia Ginecologica contribuisce allo studio, alla prevenzione e al trattamento del cancro a livello ginecologico. In particolare, la SIOG – presieduta dal professor Paolo Scollo – si propone di:

  • programmare la formazione per giovani medici specializzati o specializzandi, che vogliano completare il loro iter professionale in ambito gineco-oncologico;
  • favorire attraverso protocolli, stages, incontri, convegni e commissioni, la formazione di medici dedicati all’oncologia ginecologica;
  • promuovere corsi di formazione e di aggiornamento per i giovani studenti o specializzandi interessati alla materia ginecooncologica.

Sito internet: www.siog.info

AIOM
L’Associazione Italiana di Oncologia Medica è la società clinico-scientifica degli oncologi medici italiani. Fondata nel 1973, conta oggi circa 2.000 iscritti ed è amministrata da un Consiglio Direttivo di 11 membri, sotto la presidenza del professor Stefano Cascinu. Raggruppa tutte le componenti dell’Oncologia Medica italiana: dalle strutture di ricovero e cura del Servizio Sanitario Nazionale alle facoltà di Medicina, agli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), dai medici specialisti al personale assistenziale dell’area oncologica, pubblica e privata.

Principali scopi dell’Associazione:

  • riunire quella branca dell’Oncologia Clinica la cui attività principale consiste nello studio degli aspetti medici delle neoplasie e della terapia dei tumori mediante trattamenti medici;
  • facilitare i rapporti tra gli oncologi medici e i cultori di altre branche specialistiche;
  • stabilire relazioni scientifiche con analoghe Associazioni, italiane ed estere;
  • sensibilizzare la popolazione nei confronti delle patologie oncologiche.

AIOM si propone, inoltre, di promuovere la ricerca clinica e sperimentale, la prevenzione primaria (vedi il progetto “Non fare autogol” ) e quella secondaria (screening e diagnosi precoce e tempestiva), oltre a riabilitazione, terapie palliative, cure domiciliari. Particolare interesse riveste la formazione professionale di oncologi medici e operatori sanitari e la promozione della crescita e dell’attivazione di strutture intra ed extra ospedaliere per l’assistenza al malato con neoplasia.

Sito internet: www.aiom.it

SIGO
La Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia è nata nel 1892 e costituisce, pertanto, una fra le più antiche e rappresentative del nostro Paese. Attualmente conta circa 6.000 soci, due società affiliate – l’AOGOI, Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani e l’AUGUI, Associazione Ginecologi Universitari Italiani – e 31 affiliate, tra Società scientifiche, Associazioni e Fondazioni. Inoltre, la SIGO – presieduta dal professor Nicola Suricocollabora stabilmente in partnership con una decina di Onlus (Associazione Italiana Endometriosi, Unicef ecc.), società scientifiche (Società Italiana di Psichiatria), enti (come la LUISS Business School) e aderisce all’EBCOG (European Board and College of Obstetrics and Gynaecology) nonché alla FIGO, l’International Federation of Gynecology and Obstetrics che nel 2012 ha tenuto proprio in Italia il suo XX Congresso mondiale. La SIGO ha attivo un proprio sito internet, www.sigo.it, che è un vero portale a servizio del professionista e del cittadino. La rivista scientifica della società è l’Italian Journal of Gynæcology and Obstetrics, pubblicazione trimestrale di aggiornamento interamente consultabile in PDF dal sito. Ogni settimana, infine, viene garantita la comunicazione e l’informazione ai soci tramite la newsletter elettronica “SIGOnews”, organo ufficiale della Società scientifica.

Il tumore dell’ovaio
La grande maggioranza delle neoplasie maligne ovariche è causata dalla crescita incontrollata di cellule nel rivestimento esterno, ed è nota come carcinoma epiteliale ovarico. I rimanenti casi sono generalmente identificati come tumori delle cellule germinali, e si sviluppano dall’ovulo, formando cellule all’interno dell’ovaio. Se rilevato a uno stadio iniziale, questo tumore è normalmente asportabile. Tuttavia, spesso non esistono sintomi iniziali e può quindi diffondersi anche in altre parti del corpo (metastatizzato) prima di venire diagnosticato.

Fattori di rischio

  • Età: è uno dei principali fattori di rischio, come testimoniato dal fatto che la maggior parte delle diagnosi si registra in donne in menopausa.
  • Assetto ormonale: un aumento del rischio è stato registrato nelle donne in menopausa trattate con terapia ormonale sostitutiva (estrogenica) per almeno 10 anni. > Infertilità.
  • Familiarità: secondo una stima del National Cancer Institute americano il 7% – 10% di tutti i casi di cancro ovarico è il risultato di un’alterazione genetica ereditaria. In presenza di mutazioni di due geni (BRCA1 e BRCA2) può verificarsi la presenza di tumore dell’ovaio e della mammella, in tempi diversi o in contemporanea. In questi casi la neoplasia ovarica si manifesta ad un’età più giovane rispetto alle forme non dovute ad alterazioni genetiche. > Fattori ambientali: esposizione ad asbesto e talco.
  • Stili di vita scorretti: abuso di alcol, fumo, obesità e dieta ricca di grassi.

Sintomi
I sintomi del tumore ovarico sono difficili da individuare, in particolare in stadio iniziale (che non si è diffuso ai linfonodi e/o ad altre parti del corpo) e spesso vengono scambiati per altri disturbi di minore entità. Ciò può portare a una diagnosi ritardata. I sintomi possono includere:

  • dolori/gonfiore addominale e/o senso di gonfiore;
  • mestruazioni irregolari;
  • perdita di appetito o nausea.

I criteri
La collaborazione AIOM – SIGO – SIOG ha tra i suoi obiettivi quello di indicare le strutture che forniscano le maggiori garanzie alle donne affette da questa malattia. A tale scopo sono stati indicati i requisiti minimi, capaci di garantire il riconoscimento di un adeguato standard nella diagnosi e nel trattamento del tumore dell’ovaio.

Gli indicatori dei criteri:

  1. Presenza di un’équipe multidisciplinare;
  2. nuovi casi di ginecologia oncologica non precedentemente trattati che afferiscono all’Unità Operativa specifica all’anno di almeno: +100 ;
  3. casi di neoplasia ovarica operati per anno: +10 ;
  4. presenza di almeno un chirurgo ginecologo-oncologo dedicato agli interventi per tumore all’ovaio;
  5. casi operati per anno dal chirurgo ginecologo oncologo, almeno: +10 ;
  6. presenza di équipe chirurgica multidisciplinare, comprendente un chirurgo generale dedicato all’oncologia ginecologica, con esperienza specifica in chirurgia oncologica bilio-epato-pancreatica o gastroesofagea;
  7. capacità di ottenere nei casi di tumore ovarico maligno avanzato percentuale di assenza di tumore macroscopico dopo citoriduzione primaria in pazienti non pretrattate: +60% ;
  8. l’Unità Operativa di Oncologia Medica deve disporre di un oncologo dedicato alla patologia ovarica;
  9. l’ospedale deve disporre di un radiologo e un ginecologo dedicati alla diagnostica per immagini;
  10. l’ospedale deve disporre di un patologo dedicato di riferimento, disponibile per esame estemporaneo nei casi d’intervento programmato per carcinoma ovarico sospetto o accertato;
  11. l’ospedale deve disporre di un servizio di psicologia con competenze oncologiche
  12. organizzazione di almeno due riunioni mensili strutturate dell’équipe multidisciplinare;
  13. deve essere presente in almeno uno studio clinico all’anno;
  14. l’ospedale deve avere un riferimento e/o un percorso prestabilito in ambito genetico nell’ambito del tumore dell’ovaio;
  15. programma di follow-up dedicato, con accesso tramite il Servizio Sanitario Nazionale per le pazienti trattate per tumore ovarico;
  16. la paziente deve potere ottenere un controllo clinico urgente con il SSN entro 7 giorni lavorativi dalla richiesta;
  17. la lista di attesa per un caso accertato o sospetto di neoplasia ovarica dal primo contatto all’intervento chirurgico non deve essere superiore a 14 giorni.

Indirizzi utili

AIOM
Via Enrico Nöe, 23
Tel. 02.70630279 – Fax 02.2360018
aiom@aiom.it

S.I.G.O. SOCIETÀ ITALIANA DI GINECOLOGIA E OSTETRICIA
Via dei Soldati, 25
Tel. 06.6875119 – Tel/Fax 06.6868142
federazione@sigo.it

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