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Con il test EGFR terapie più mirate per il cancro al polmone
Paola Sarno, N. 3 marzo 2013
Il cancro del polmone è ancora la prima fra le cause di morte per tumore negli uomini e la seconda nelle donne in Italia e, nel nostro Paese, si registrano circa 37mila nuovi casi all’anno. La forma più comune di questa neoplasia, che riguarda circa l’ 85% della casistica generale, è costituita dal cosiddetto tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC secondo la dicitura anglosassone, ancronimo di non small cells lung cancer). Per migliorarne la diagnosi ed aumentare la possibilità di terapie efficaci c’è oggi un test di laboratorio che permette di rilevare la presenza di specifiche mutazioni del gene EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor, cioè recettore del fattore di crescita epidermico), coinvolto nella formazione e nello sviluppo di questo pericoloso tumore. Un cancro che, tuttavia, anche attraverso nuove strategie diagnostiche, può essere bersaglio d’azione di nuovi farmaci molecolari sempre più mirati alle specifiche caratteristiche di ogni singolo paziente. Si apre così la strada non solo a nuove possibilità di diagnosi e trattamento, ma anche a una medicina oncologica che prevede la collaborazioni fra diversi specialisti ed è sempre più incentrata sul paziente piuttosto che sulla malattia. Se ne è parlato in un simposio tenutosi a Firenze in occasione del Congresso Annuale di Anatomia Patologica, durante il quale è stata più volte sottolineata proprio l’importanza dell’approccio multidisciplinare. «La collaborazione tra l’oncologo e il patologo è fondamentale per realizzare concretamente un approccio personalizzato alla cura del paziente» ha spiegato Nicola Normanno, direttore del Dipartimento di Ricerca dell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori della Fondazione Pascale di Napoli, il maggiore Ircss Oncologico del Mezzogiorno e centro di riferimento per la rete nazionale e regionale. «Oggi abbiamo una conoscenza approfondita dei meccanismi che regolano la formazione e la crescita della cellula tumorale e abbiamo a disposizione farmaci molecolari, in grado di bloccare in modo mirato questi meccanismi. La possibilità di individuare in laboratorio la presenza nel tumore di alterazioni genetiche che permettono di prevedere la risposta che il paziente avrà al trattamento, ci consente finalmente di applicare questi farmaci in modo efficace e personalizzato, e di colpire quindi il tumore a partire dalla conoscenza delle sue caratteristiche geniche». Infatti, come ha rilevato Gabriella Fontanini, responsabile del Laboratorio di Patologia Molecolare dell’UO di Anatomia Patologica III dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, la mutazione EGFR è presente in circa il 20% dei tumori polmonari non a piccole cellule. «Un numero importante di casi per i quali si apre un percorso diagnostico completamente nuovo, grazie alla possibilità di effettuare in laboratorio un test mirato a rilevare questa mutazione». Fontanini ha poi aggiunto che «il patologo assume quindi, in collaborazione con l’oncologo, un ruolo nuovo nella diagnosi e nel trattamento del tumore polmonare, poiché la scelta di trattamento e la prescrizione mirata dei nuovi farmaci molecolari è informata e indirizzata dall’analisi genica del tumore e dalla presenza o meno della mutazione del gene EGFR». Come ha affermato poi Silvia Novello, esperta dell’Unità di Oncologia Toracica, dell’Università degli Studi di Torino, «conoscere al momento della diagnosi se un paziente è un buon candidato per una specifica terapia è una conquista molto importante per migliorare il trattamento del tumore polmonare. Il test EGFR permette all’oncologo di studiare fin dal momento della diagnosi, in modo più mirato il percorso terapeutico del paziente, con risultati che producono un impatto positivo sul tempo di sopravvivenza e sulla qualità di vita. Attualmente – ha chiarito Novello – alcuni nuovi farmaci a bersaglio molecolare per il gene EGFR sono utilizzati per i pazienti refrattari al trattamento chemioterapico tradizionale. Il test genico per la mutazione del gene EGFR permette, invece, di utilizzare al meglio questi nuovi farmaci nella prima linea di trattamento, sfruttando così appieno il loro potenziale proprio su quei pazienti che hanno la maggiore probabilità di risposta alla terapia». Ma come si effettua il test? Attraverso una semplice analisi biologica del patologo su un campione di tessuto tumorale. «Il campione di cellule viene trattato in laboratorio allo scopo di fornire un’accurata definizione diagnostica della malattia e, mediante estrazione del Dna tumorale, di rilevare la presenza di una possibile mutazione del gene EGFR», ha concluso Paolo Graziano dell’U.O. di Anatomia Patologica dell’ Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma. «L’uso di una metodologia robusta e validata e tempestività nell’esecuzione del test sono molto importanti per fornire all’oncologo risultati veloci e accurati, che permettano di identificare il percorso terapeutico più adatto alle caratteristiche di ogni paziente».
Le metodologie diagnostiche tradizionali
Se nel futuro si prevede che sarà sufficiente anche una semplice analisi ematica per diagnosticare in maniera tempestiva un tumore polmonare, fino a oggi le metodiche tradizionalmente impiegate sono innanzitutto la TC (tomografia computerizzata), fondamentale tecnica radiologica che lo pneumologo prescrive in genere in prima istanza; la PET-TC (tomografia ad emissione di positroni), molto più sofisticata che permette di ottenere informazioni funzionali più dettagliate per capire quale sia il trattamento più idoneo per quello specifico cancro, nonché il suo stadio evolutivo, la broncoscopia, una tecnica endoscopica che si esegue sul paziente anestetizzato ed è necessaria per eseguire delle biopsie e, infine, l’agoscopia polmonare TC – guidata, esame utilizzato per i tumori che hanno una localizzazione più periferica e quindi non raggiungibile con il broncoscopio. Ulteriori mezzi diagnostici finora impiegati per verificare la diffusione della malattia oncologica ai polmoni riguardano la risonanza magnetica nucleare (RMN), una metodica simile alla TC, ma che a differenza di questa sfrutta i campi magnetici anziché i raggi X, la mediastinoscopia e la toracoscopia, tecniche endoscopiche che consentono di esplorare il mediastino e i linfonodi regionali, dove cioè si localizzano più frequentemente le cellule tumorali ed effettuare biopsie, l’ecografia endobronchiale (EBUS), quella endoscopica (EUS) e quella addominale, per la localizzazione di eventuali metastasi.
Tumore al polmone: tipologie e incidenza
Nelle varie forme di tumore polmonare gli esperti oncologi distinguono in particolare due tipologie: il cancro del polmone a piccole cellule (SCLC dalla terminologia inglese small cells lung cancer) o microcitoma, che colpisce approssimativamente 2 persone su 10 affette da cancro polmonare (circa il 20% ) e quello non a piccole cellule (NSCLC cioè non small cellc lung cancer). Questa seconda variante è la forma più diffusa di cancro polmonare, che colpisce circa otto pazienti su 10 (circa l’ 80%, quindi). Il cancro del tipo NSCLC, si può presentare a sua volta in tre forme, caratterizzate dalle cellule che vi si riscontrano: il carcinoma a cellule squamose (il carcinoma è un tumore che si sviluppa da cellule che rivestono una cavità, quale quella polmonare, ndr), che rappresenta il 25-30% dei tumori polmonari ed è quello a migliore prognosi, l’adenocarcinoma che si presenta in circa il 30% dei casi ed il meno frequente carcinoma a grandi cellule ( 10-15% dei casi). Forme molto più rare sono costituite dal mesotelioma (che interessa la membrana che riveste la superficie polmonare) e dal carcinoide che colpisce l’area neuroendocrina, come pure dal cosiddetto carcinoma bronchiolo-alveolare, molto insidioso, e, infine, dai sarcomi dei tessuti molli che possono colpire, sebbene molto raramente, anche i polmoni.
Il rischio maggiore è nel tabacco, ma il 10-15% degli ammalati non fumava
Nel nostro Paese, come in Europa, il cancro del polmone rappresenta la terza neoplasia più diffusa dopo quella della colon-retto e della mammella. Come la maggior parte dei tumori è più frequente tra gli anziani e in aumento del 15% nel sesso femminile, poiché le donne fumatrici sono aumentate negli ultimi anni. E le sigarette rappresentano per il carcinoma polmonare il principale fattore di rischio, responsabile dell’ 85% dei casi. Le probabilità aumentano in funzione di quanto si fuma, del quantitativo di nicotina contenuto nelle sigarette fumate e dall’età di inizio di questa abitudine. Se si smette di fumare il rischio si riduce sensibilmente nel corso dei 10-15 anni successivi fino ad uguagliare quello di un non fumatore. Tuttavia anche le persone che non fumano possono ammalarsi. E, del resto, il 10-15% dei tumori polmonari si registra proprio fra i non fumatori. Numerosi, infatti, anche i fattori di rischio diversi dal fumo, come il contatto prolungato con alcune sostanze chimiche (l’amianto in particolare, ma pure il radon – un gas talora presente anche nel terreno e da solo responsabile del 9% dei casi – e, in misura minore, anche la silice, l’uranio, il cromo e il nichel). In questi casi il pericolo aumenta in relazione al livello di esposizione all’agente patogeno. Infine, importanti sono anche i rischi genetici come pure quelli derivanti da un pregresso tumore (soprattutto quello della mammella, i linfomi e il carcinoma del testicolo).
L’Istituto Superiore di Sanità dice NO alle sigarette elettroniche
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha consegnato al Ministero della Salute un aggiornamento scientifico in merito alla pericolosità delle sigarette elettroniche contenenti nicotina. Nel documento che contiene una valutazione del rischio per la salute umana delle sigarette elettroniche che contengono nicotina effettuata sulla base di un complesso algoritmo, si giunge alla conclusione che questi sostituti delle bionde, spesso reclamizzati come un buon metodo per smettere di fumare “presentano potenziali livelli di assunzione di nicotina per i quali non si possono escludere effetti dannosi per la salute umana, in particolare per i consumatori in giovane età”. La nota dell’ISS fa riferimento a quanto già affermato dall’OMS, che aveva già sottolineato come ad oggi non esista evidenza scientifica sufficiente a stabilire la sicurezza d’uso e l’efficacia come metodo per la disassuefazione degli ENDS (Electronic Nicotine Delivery System) che andrebbero regolamentati come dispositivi medici o farmaceutici e non come prodotti da tabacco. L’ISS, infine, facendo seguito a una serie di avvertenze ministeriali emanate dal 2010 a oggi nonché in base al principio di prevenzione e di precauzione, dopo aver esaminato 37 studi scientifici effettuati in tutto il mondo sull’argomento ha deciso che quelli finora realizzati sull’efficacia degli ENDS come prodotti per la disassuefazione al fumo non possono essere ritenuti conclusivi.
Indirizzi utili
ISTITUTO NAZIONALE PER LO STUDIO E LA CURA DEI TUMORI “FONDAZIONE PASCALE”
Via Mariano Semmola 80131 Napoli
Prenotazioni/informazioni: 081.5462833
Centralino: 081.5903111
www.istitutotumori.na.it
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA PISANA
Via Roma, 67 56126 Pisa
Prenotazioni/informazioni: 050.995995 – 5272 – 5285 Centralino: 050.992111
www.ao-pisa.toscana.it
SAN CAMILLO FORLANINI
Via Portuense, 332 00149 Roma
Prenotazioni/informazioni: 06.5595055 Centralino: 06.55551
www.scamilloforlanini.rm.it
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