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Tumore al collo dell’utero: il test HPV più efficace del PAP TEST
Stefania Bortolotti, N. 3 marzo 2013
Per la prevenzione di questo tumore, gli esperti raccomandano l’adozione di protocolli appropriati con tecnologie validate.
Lo screening del tumore del collo dell’utero si avvia ad un importante cambiamento, che potrebbe portare l’Italia ai primi posti tra i Paesi più innovativi d’Europa, con l’introduzione del test per la ricerca del DNA del Papillomavirus (Test HPV DNA) al posto del Pap test come primo esame di screening. Tra le più recenti pubblicazioni, a tracciare un’analisi della realtà attuale e del prossimo futuro dello screening in Italia è il Rapporto italiano di Health Technology Assessment (HTA Report), un Rapporto indipendente finanziato dal Ministero della Salute e recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Epidemiologia e Prevenzione”. Il Rapporto, coordinato dal Dott. Guglielmo Ronco dell’Unità di Epidemiologia dei Tumori Centro per la Prevenzione Oncologica di Torino, ha coinvolto numerosi esperti italiani e ha valutato tutti i risvolti di efficacia e fattibilità legati all’introduzione del test HPV DNA come primo test di screening per il tumore del collo dell’utero, che nel nostro Paese colpisce ogni anno circa 3.500 donne. Secondo le raccomandazioni del Rapporto, le evidenze scientifiche dimostrano che lo screening basato sul test HPV DNA è più efficace rispetto al tradizionale screening citologico (Pap test), oltre che rispondente a caratteristiche quali sicurezza clinica, economicità e appropriatezza. Si rende necessario quindi definire protocolli adeguati per favorire il passaggio a questo strumento di prevenzione che vedrebbe il Pap test come esame di secondo livello, nelle donne HPV-positive. La positività al test HPV non significa che la donna è malata, ma è soltanto un indice di maggior rischio di patologia che richiede successivi approfondimenti. «La comunicazione alle donne dell’esito del test HPV di screening rappresenta un elemento totalmente innovativo e di grande rilevanza» spiega il Dott. Mario Sideri, dell’Unità di Ginecologia Preventiva, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, tra gli autori del Rapporto. «Mentre in genere negli screening oncologici il test è diretto a distinguere sani e malati, il test HPV sia esso negativo o positivo individua comunque una popolazione sana, ma con un livello di rischio differente. A un test HPV positivo non segue infatti alcun esame di approfondimento invasivo ma solo la lettura del tradizionale Pap test eseguito all’atto del test virale; nel caso di negatività invece, presente in più del 90% dei casi, il Pap test non è più necessario e il controllo successivo si sposta a 5 anni. Questa novità concettuale richiede la massima collaborazione da parte di tutti gli operatori sanitari coinvolti nel programma di screening, perché cambia notevolmente il paradigma seguito finora. Il test HPV, dato il suo alto valore predittivo negativo (la capacità di individuare le donne sane), permette di incrementare notevolmente gli intervalli tra uno screening e il successivo, all’insegna del motto “meno è meglio”. Abbiamo a disposizione un’altra importante arma contro questo tumore, in perfetta sintonia con la vaccinazione preventiva anti HPV; per sfruttare al meglio le nuove conoscenze sarà importante uno sforzo comune, a partire dall’impegno per la formazione di tutti gli operatori sanitari coinvolti». Il test HPV si effettua con un prelievo simile al Pap test, facile e indolore. Il materiale prelevato viene utilizzato per la ricerca del DNA del Papillomavirus ad alto rischio mediante un test di laboratorio, basato su tecnologie molecolari. Fra le metodiche più utilizzate vi è il test HPV HC2, utilizzato in numerosi studi scientifici italiani e internazionali e nella maggior parte degli studi sui quali si basa il rapporto di HTA. «Mentre il Pap test consiste in un’analisi al microscopio per individuare le alterazioni presenti sul collo dell’utero, il test HPV è un’analisi molecolare per rilevare la presenza del Papillomavirus» spiega il Dott. Massimo Confortini, Direttore del Laboratorio di Citologia Analitica e Biomolecolare e Citopatologia ISPO, tra gli autori del Rapporto. «Le raccomandazioni del Rapporto sottolineano l’importanza di definire protocolli di screening appropriati per favorire l’introduzione di questo nuovo strumento di prevenzione. L’avvio dello screening basato sul test HPV DNA dovrebbe avvenire non prima dei 30-35 anni, con un intervallo di almeno 5 anni dopo un test HPV con risultato negativo. Molto importante è l’utilizzo di test validati e la definizione di sistemi di triage per le donne positive al test HPV DNA, dove a oggi l’esecuzione del Pap test è il metodo più raccomandabile».
Il Papillomavirus Umano (HPV)
HPV, la causa primaria del carcinoma della cervice uterina o tumore del collo dell’utero, è il nome di un gruppo di virus che include oltre 150 diversi genotipi. Approssimativamente una dozzina di tipi è considerata ad “alto rischio” e può portare allo sviluppo del carcinoma della cervice uterina. L’HPV è un’infezione comune che si trasmette per via sessuale. Poiché le persone che hanno contratto l’infezione non manifestano sintomi, possono trasmettere il virus inconsapevolmente. Si stima che circa l’ 80% delle donne contrarrà un’infezione da HPV nel corso della propria vita. Nella maggior parte dei casi l’HPV è eliminato dal sistema immunitario e non causa problemi. In alcuni casi, tuttavia, il corpo non è in grado di eliminare il virus, provocando un’infezione persistente. Un’infezione di lungo termine da virus HPV può causare modificazioni anormali nelle cellule della cervice uterina, che possono evolvere in cancro se non individuate e trattate precocemente.
HPV e tumore del collo dell’utero
Il tumore del collo dell’utero è la seconda forma di cancro più comune tra le donne a livello mondiale, con 500.000 nuovi casi e 300.000 morti registrate ogni anno. In Italia di stimano circa 3.500 nuove diagnosi ogni anno e circa 1.000 decessi. La ricerca ha mostrato che l’ 80% dei nuovi casi e delle morti si verificano nei Paesi in via di sviluppo, dove l’informazione sulla malattia, l’accesso a test di prevenzione e al trattamento medico sono bassi. In molte di queste aree povere di risorse, il carcinoma della cervice uterina ha superato il carcinoma mammario come tumore killer al primo posto tra le donne. Tuttavia, i progressi nella comprensione del legame tra l’HPV e il carcinoma della cervice uterina, hanno messo la comunità internazionale nella posizione di combattere la malattia. La correlazione causale tra l’infezione da HPV e il carcinoma della cervice uterina è stata scoperta dal ricercatore tedesco Prof. Dr. Harald Zur Hausen, Premio Nobel nel 2008 per la Medicina per la sua scoperta. L’HPV è il primo virus a essere stato identificato come causa primaria di un tumore. Poiché la causa – HPV – è conosciuta, il carcinoma della cervice uterina può essere prevenuto e persino eradicato. La prevenzione e l’eradicazione, tuttavia, dipendono da uno screening efficace dei precursori del cancro cervicale e il loro trattamento precoce. Negli ultimi cinque anni, le linee guida negli Stati Uniti e in Europa hanno riconosciuto il valore del test HPV, sia nello screening primario, sia nella gestione della citologia cervicale anormale.
Intervista al dottor Mario Sideri
Dottore, parlando di prevenzione contro il tumore del collo dell’utero, può illustrarci i vantaggi del test HPV DNA, rispetto al tradizionale Pap test?
«Mentre il Pap test identifica alterazioni pre-tumorali già presenti e consolidate da tempo, il test HPV arriva prima, ed è in grado di identificare le donne che hanno la possibilità di sviluppare alterazioni che il Pap test identifica più tardi. In questo modo, anticipando la diagnosi del Pap test, la negatività del test HPV permette intervalli più lunghi e maggiore sicurezza. Inoltre, il test HPV è più preciso e identifica anche alterazioni che il Pap test non è in grado di vedere. Quindi prima e meglio del Pap test».
Secondo il suo parere, quando è consigliabile effettuare questo test? A che età è bene eseguirlo per la prima volta a scopo preventivo?
«Esistono delle linee guida in merito. In genere l’inizio dello screening è consigliato tra i 25 ed i 30 anni; in Italia si inizia a 25 anni. Il test HPV è consigliato dopo i 30 anni. L’età di fine screening è tra i 65 ed i 70 anni; in Italia fino ai 65 anni».
Ogni quanto tempo è bene ripetere il test HPV DNA?
«In nessun caso prima di un anno; se negativo, tra i tre ed i cinque anni; se positivo dopo dodici mesi. Molte infezioni virali sono momentanee (transitorie) e la ripetizione a un anno di un test positivo serve a distinguere queste, che sono irrilevanti, da quelle che sono invece persistenti; queste ultime sono le sole che meritano attenzione».
Dottore, si può affermare che la sinergia tra la vaccinazione preventiva anti HPV e il test HPV DNA, rappresentino due armi vincenti per prevenire il tumore al collo dell’utero?
«Certamente, innanzitutto sono sinergiche per l’età; la vaccinazione è indicata nelle adolescenti e giovani donne, sotto i 20/25 anni; a queste età il Pap test è sconsigliato. Poi la vaccinazione comporta una drastica riduzione delle infezioni virali e quindi dei test positivi nella donna adulta».
Il test HPV DNA è riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale?
«Sì, il test HPV è riconosciuto dal SSN; lo è nei casi di Pap test anomalo ed è utilizzato in alcuni programmi di screening organizzati come unico test primario, al posto del Pap test».
Dottor Mario Sideri
Dottore Unità di Ginecologia Preventiva – Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano Tel. 02.57489616
mario.sideri@ieo.it
www.ieo.it
Il test HPV
Il Test HPV basato sulla tecnologia Hybrid Capture 2 è il primo test HPV approvato dall’FDA e utilizzato per lo screening del carcinoma della cervice uterina. Il test permette ai medici di valutare il rischio di una donna di sviluppare il cervicocarcinoma attraverso la diagnosi della presenza o assenza dei 13 genotipi ad alto rischio di HPV. Il Test HPV HC2 è riconosciuto come il “gold standard” ed è stato utilizzato nella quasi totalità degli studi clinici e scientifici, tra cui l’ampio studio italiano NTCC (New Technologies for Cervical Cancer). Nel Nord America, oltre 40.000.000 donne negli ultimi cinque anni hanno beneficiato del Test HPV HC2 sia in seguito alla gestione citologia ASCUS sia nello screening del cervicocarcinoma in combinazione con il Pap test per le donne oltre i 30 anni di età.
Come funziona il test HPV HC2
Il test HPV HC2, basato sulla technologia Hybrid Capture 2®, utilizza “sonde” mirate a rilevare il DNA target da batteri o virus come l’HPV. Se un batterio o virus è presente nelle cellule del campione prelevato, queste sonde individuano il “DNA target” nel campione e si “ibridano” (legano) a esso. Questi “ibridi” (DNA target legato dalla sonda) sono successivamente “catturati” per consentire la rilevazione attraverso un processo chiamato “amplificazione del segnale”. In questo processo, speciali anticorpi ed enzimi sono aggiunti al campione e – in presenza di ibridi catturati – provocano l’emissione di luce che può essere misurata da uno strumento computerizzato di laboratorio. Ulteriori informazioni sull’HPV sono disponibili sul sito www.hpv-test.it
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